Diventare adulti

“Un pulcino diventa adulto in poche settimane, un gatto in qualche mese, una persona in tredici anni. Durante l’infanzia siamo in quello stato che gli orientali definiscono zen: la conoscenza della realtà che ci circonda avviene istintivamente mediante quell’attività che gli adulti chiamano gioco. Tutti i ricettori sensoriali sono aperti per ricevere i dati: guardare, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido e il duro, il ruvido e il liscio, i colori, le forme, le distanze, la luce e il buio, il suono e il silenzio. Tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione”. “Poi si diventa adulti, si entra nella ‘società’”, continua Munari.

http://www.internazionale.it/opinione/claudio-rossi-marcelli/2015/02/06/guardare-toccare-sentire-2

Scuola

Fra gli insegnanti c’è soprattutto la tendenza, invalsa da decenni, ad assegnare lo studio del manuale.

Solo che, vent’anni fa, il manuale affiancava la lettura integrale di un cospicuo numero di testi; oggi è rimasto solo, e consuma da solo quasi tutte le pagine assegnabili, risultando poco più di un elenco telefonico di nomi e titoli vuoti. Persino quando il corso si concentra su un autore, è consuetudine farlo leggere in antologia: un canto qua un canto là per i grandi poemi della nostra tradizione, un componimento qua uno là per il canzoniere di Petrarca, un capitolo qua uno là di un romanzo (i capitoli “storici” dei Promessi sposi, è noto, si “saltano”).

http://www.internazionale.it/opinione/clizia-carminati/2015/02/02/leopardi-non-era-pessimista-quello-che-sanno-e-non-sanno-i-futuri-insegnanti

In un post dell’aprile scorso, “La maledizione del Piccolo principe: il pubblico dominio un giorno sparirà dissolto nel diritto dei marchi registrati?”, il giurista e bibliotecario francese Lionel Maurel ricorda come alla base del diritto d’autore, fin dall’epoca della rivoluzione francese, ci sia un contratto sociale: “Gli autori si vedono riconosciuta una protezione, ma limitata nel tempo” – dal 1793 al 1866 fu limitata a dieci anni dopo la morte dell’autore – “affinché le opere possano tornare al pubblico e alimentare a loro volta il ciclo della creazione. Rendere eterno il monopolio sulle opere vuol dire rompere il patto che unisce i creatori alla società”

http://www.internazionale.it/opinione/francesca-spinelli/2015/01/31/il-piccolo-principe-nella-gabbia-del-copyright